La nota politica |
Manovre di Palazzo Chi ne trae vantaggio Se è vero, come è vero, che il premier Enrico Letta si considera già vittima di una manovra di Palazzo, saremo pure alla vigilia della Terza Repubblica, certo che tanti avvenimenti contrastanti, ricordano molto la Prima. Perché badate, tutto è iniziato con le formidabili rivelazioni di Alan Friedman. Il sagace giornalista ha scoperto l’acqua calda, ma è stata sufficiente a scottare un Quirinale già sotto pressione. Napolitano, attaccato da Grillo, messo in questione da Forza Italia, sospettato da un prestigioso giornalista straniero, inciampato sulle goffe confidenze di Monti, non è più in grado di difendere un governo senza qualità come quello di Letta. La cena al Quirinale con Renzi è stato il via libera al cambiamento promesso dal segretario del Pd. Napolitano non intende e non potrà esporsi oltre nella difesa dell’indifendibile. Tanto è vero, che da oggi circolano già le liste dei ministri, ed i giornali impazziscono di gioia nel poter raccontare i retroscena, gli imprevisti, vagheggiare plausibili o meno sviluppi. Fortuna che con il sistema maggioritario avremmo finalmente ottenuto quella trasparenza di rapporti politico istituzionali, quali l’alternanza, la stabilità, il vincolo di maggioranza e persino la premiership, uscita direttamente dalle urne. Non solo in meno di un anno, stiamo per vedere nascere un terzo governo, ma invece dell’alternanza si è affermata sempre la stessa maggioranza con poche eccezioni, mentre di premier, con Renzi, su tre che ne abbiamo avuti, nessuno è stato scelto dal popolo, manco per sogno. La Prima Repubblica, al confronto di questa, era un paradiso di trasparenza. Se poi veniamo alla "manovra di palazzo", denunciata dal povero Letta, egli ha ragione, ma presenta una variante che ancora non torna. Le indiscrezioni raccolte sulla formazione del nuovo governo Renzi, sono tali da renderne difficile la nascita. L’esecutivo mortificherebbe il nuovo centro destra di cui pretenderebbe comunque il voto, aprirebbe a Sel e persino ad alcuni grillini senza però dar loro sufficienti garanzie politiche, soprattutto, il governo Renzi nascerebbe violando due presupposti assodati, come quello per cui non si voleva il posto di Letta, e ancor meno andare al governo senza il voto popolare. In questi giorni si sono anche rincorsi improbabili paragoni fra Renzi e D’Alema. Di certo D’Alema nel 1997 non aveva fatto nulla per nascondere il suo desiderio di subentrare a Prodi a Palazzo Chigi, mentre Renzi ha fatto il contrario. Per cui non bisogna escludere che al dunque, il governo Renzi possa fallire sul nascere. Così il Paese si ritroverebbe nelle condizioni di dover tornare al voto, il vero obiettivo renziano, senza che il Quirinale, depotenziato, possa fare nulla per impedirlo. Le stesse possibilità di varare una nuova legge elettorale sarebbero scarsissime e ci troveremmo rapidamente in un marasma inimmaginabile, con la particolarità che il crollo della situazione peserebbe interamente sulle rivalità interne al Pd, se non addirittura sulle ambizioni di Renzi. Ora, indicare chi davvero trarrebbe vantaggio da questa nuova drammatica lacerazione del centrosinistra, è cosa talmente facile, che per carità di patria è meglio non dirlo. |